Il primo numero di un fumetto è sempre un’incognita, sia per gli autori che per i lettori.
I primi sperano di riuscire a destare curiosità in un mercato sovraffollato di concorrenti nonostante la crisi economica, i secondi invece perchè smaliziati dal fatto che, tra nuove e vecchie letture, ben poco di esordiente può dirsi nuovo e interessante.
Tra questi ci sono anch’io: avvicinarmi a un numero uno di un fumetto è sempre affascinante e timoroso; la delusione potrebbe essere dietro l’angolo.
Long Wei la nuova miniserie Aurea però ha tra i suoi papà Recchioni (che a quanto ho letto ha gettato le basi) e Diego Cajelli ai testi che ha sviluppato il tutto affiancato da un ottimo team di disegnatori.
I primi sperano di riuscire a destare curiosità in un mercato sovraffollato di concorrenti nonostante la crisi economica, i secondi invece perchè smaliziati dal fatto che, tra nuove e vecchie letture, ben poco di esordiente può dirsi nuovo e interessante.
Tra questi ci sono anch’io: avvicinarmi a un numero uno di un fumetto è sempre affascinante e timoroso; la delusione potrebbe essere dietro l’angolo.
Long Wei la nuova miniserie Aurea però ha tra i suoi papà Recchioni (che a quanto ho letto ha gettato le basi) e Diego Cajelli ai testi che ha sviluppato il tutto affiancato da un ottimo team di disegnatori.
La cover del n°1 edizione limitata Cartoomics di Milano |
Diego Cajelli non ha certo bisogno di presentazioni essendo uno dei migliori sceneggiatori degli ultimi anni (personalmente fumettisticamente lo conosco dai tempi di “Capitan Italia” ) in forze alla Bonelli con Dampyr ma dal curriculum che spazia da opere personali alla collaborazione con l’Astorina e il suo Diabolik.
Il retroterra culturale che c’è dietro Long Wei è particolare: arti marziali e ambientazione tipica dei film di genere cinese, da dove mosse i suoi primi passi l’indimenticabile Bruce Lee (e che in qualche modo viene omaggiato anche in questo numero di esordio) ma il tutto narrato nella chinatown milanese.
Il protagonista infatti è un parente, giunto dalla Cina, di un ristoratore del quartiere che però a causa del vizio del gioco e essersi inguaiato con i gestori della bisca clandestina ha forti debiti con la mafia cinese locale.
Nella migliore tradizione dei film di kung fu asiatici, il protagonista da solo contro tutti, riesce a riscattare lo zio, dimostrando una notevole tecnica e l'uso di varie tecniche di arti marziali (tutte rigorosamente vere sia nelle pose che nel combattimento, Cajelli è famoso per la sua maniacale ricerca nella documentazione).
A prima vista potrebbe sembrare molto azzardato e forse un po’ troppo ridicola una storia del genere a Milano, ma vi assicuro che la lettura scorre piacevole e non ci sono esagerazioni forzate (se non quelle di un fumetto avventuroso: aldilà che sia di arti marziali e che sia ambientato a Milano). I personaggi non sono improbabili o macchiette ma ben ponderati e funzionali alla storia.
Sui disegni devo fare i miei complimenti a Genovese (già ammirato su Beta lo spaghetti-manga robotico uscito in due volumi, di cui prima o poi spenderò qualche parola anche qui) perché ha cercato di piegare il suo stile mangoso a quello più realistico italiano dando un’ottima interpretazione grafica.
Le copertine sono invece affidate a Lrnz grande disegnatore che con questo progetto avrà modo di mostrare la sua bravura (e a giudicare dalla prima cover si prospettano dodici piccoli capolavori).
Che dire, imbroccare il primo numero è un buon inizio speriamo che la miniserie mantenga questi standard e perché no che il successo che arrise a John Doe arrivi anche per questa e si possa godere di una stagione due.
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