08 novembre 2015

Dylang Dog : 2 albi della fase 2

Complice un pranzo a casa di amici, il cui padrone di casa è un lettore di Dylan Dog, ho potuto saggiare un paio di albi della famigerata fase 2 della testata.
Caso vuole che lasciandomi ispirare dalle copertine e dai titoli mi sia imbattuto sugli ultimi due numeri scritti dalla Barbato (che apprezzo non poco). Il numero 349 poi è ultimo in senso assoluto in quanto uscito a Ottobre.

Il primo che ho letto, il numero 347 dal titolo “Gli abbandonati” narra la vicenda di un piccolo sobborgo Wynbring, nei pressi dell’aeroporto di Southend nella provincia inglese, in cui avvengono misteriose sparizioni.
Dylan insieme a Bloch (e senza Groucho) indagano per conto di una vittima di sparizione del proprio marito. Ma è proprio l’indagatore dell’incubo a svanire davanti agli occhi dell’ex-ispettore  fino a quando non riusciranno a scoprire la metafisica ragione che è legata al luogo e a una vicenda del passato per mettersi poi in salvo.
La seconda storia invece , "La morta non dimentica" ha uno stretto legame con la continuity a cui hanno sottoposto le vicende recenti dell’Old Boy. Quindi oltre a Carpenter ci saranno Nora Cuthbert e suo fratello e vedranno compimento alcune sottotrame avviate nei numeri precedenti.
Anche questa storia è ambientata nella provincia e precisamente Wickedford, la cittadina in cui Bloch è andato a vivere il suo pensionamento. Sarà proprio lui a commissionare, durante un esilarante siparietto comico, l’incarico a Dylan Dog per investigare un singolare caso che riguarda il defunto marito della sua vicina di casa, incredibilmente redivivo.
Tra rapimenti, colpi di scena e scene vagamente gore, il finale sembra chiudere il cercho su varie circostanze narrate su altri albi (che ovviamente non conosco non avendoli letti).
Le due storie hanno, prese singolarmente, un buon ritmo, specie la seconda che si legge con molto interesse e che viene stemperata qui e la con la verve umoristica di un Jenkins che ruba letteralmente scena perfino a Groucho.
Ai disegni, due veterani della serie , ovvero Casertano e Brindisi. Quindi un classicismo grafico con tocchi di innovazione narrativa cercata dal curatore della testata Recchioni per la fase 2.
Ecco, su questa fase due partita esattamente un anno fa nell’ottobre del 2014, ho letto sul web di tutto e di più (nel bene e nel male). Sia prima che dopo l’uscita di un bel po’ di albi mandati in edicola.
Rilanciare il personaggio, cambiandolo poco ma adeguandolo al moderno (come ho potuto vedere in questi due albi), personalmente lo trovo inutile.
Un personaggio sempre uguale a se stesso negli anni è da sempre marchio distintivo della casa editrice; quindi non capisco perché se calano le vendite si debba intervenire sulla caratterizzazione del personaggio piuttosto che sulle storie che nel corso del tempo, quelle si, l’hanno snaturato.
Non voglio cadere nel luogo comune che i primi numeri di una serie siano i più belli, cosa che odio; però tempo fa lessi alcuni di quei numeri grazie alla collezione “Book” che sto facendo e prendendo una qualsiasi storia di Sclavi, non posso fare a meno di finire l’albo meravigliato; storie ancora fresche, innovative, appassionanti e soprattutto scritte bene.
A ben guardare “gli ingredienti” sono gli stessi, addirittura la tecnica narrativa, il modo di inscenare paura e personaggi borderline e malinconici. Eppure manca un quid che solo Sclavi riusciva a tirare fuori. Quindi anche confrontando la Barbato, una delle migliori scrittrici (che piace anche tanto al papà di Dylan Dog), non si può arrendersi all’evidenza che Sclavi sia inarrivabile.
Suggestione psicologica? Rimane il fatto che immergere Dylan nel mondo reale moderno serve a poco e a nulla. Anzi adoravo nelle vecchissime storie questo suo essere fuori tempo senza una collocazione temporale precisa. Anche se uscito negli ultimi anni 80, poteva benissimo essere ambientato negli anni 70 (cosa che per altro ho sempre irrazionalmente percepito).
Indubbiamente due albi sono poca cosa, per poter dare un giudizio, su una operazione editoriale ambiziosa come quella in atto e che apparentemente, dai numeri di vendita , sembra dare riscontro alle scelte del nuovo curatore editoriale della testata.
Però voglio esprimere il mio personale parere che, se l’intento era riavvicinare vecchi e nuovi lettori al personaggio: ok niente da dire. Se invece l’intento è quello di  svecchiare e comunque riportare alle origini il personaggio, mi permetto di asserire che si è fallito.
Mi voglio ripetere: l’ho letto molto volentieri e le storie sono molto valide. L’unico neo è quel senso di straniamento in noi lettori che c’eravamo dall’inizio (o quasi) che avremmo voluto il Dylan dei primi tempi per sempre.
Cosa oggettivamente impossibile anche visto che una delle lamentele continue è sempre stata “non cambia mai nulla”.
Non rimane che dire: lunga vita a Dylan Dog.

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