10 agosto 2011

Dopo quasi un anno dal rilancio della serie di John Doe e vista anche la deviazione narrativa (smentita dagli autori tra l’altro) eccoci qui a parlane della 4° stagione della serie con un numero di albi abbastanza cospicuo per poterne fare un primo sommario bilancio.

Questa stagione mi stava piacendo anche un bel po’: la storyline del Dio in cui l’umanità non crede che cerca di riconquistare la fede degli uomini tramite una PR ma con gli intrighi delle Alte Sfere che tramano nell’ombra mi stava appassionando.
Sul piano prettamente grafico siamo a ottimi livelli: tanti stili a volte molto diversi ma tutti perfetti per le storie che devono raccontare.
Purtroppo dopo il toccante e insuperato albo “Robin a pezzi” ho avuto la netta sensazione insieme a tanti utenti/lettori del web che i tre autori non hanno saputo più dove andare a parare, inventandosi storie al limite dell’assurdo con la scusa della sperimentazione e l’utilizzo della infrazione della “4° parete” e l’uso metafumettistico del linguaggio.
Per carità il metodo non mi dispiace affatto ma se non è assolutamente funzionale in quanto appunto manca, o a me sembra mancare, una storyline da seguire e il citazionismo diventa vuoto e a volte rindondante,allora no.
La lettura a fine albo rimane comunque godibile ma la sensazione di presa in giro è davvero impossibile da ignorare.
Gli autori assicurano che il tutto ha un suo perché e come già detto da queste parti non dubito che il finale dia una giustificazione a questa deriva narrativa, ma per adesso rimane un acquisto obbligato ma senza l’entusiasmo di una volta con la speraza di ritrovarmi felicemente spiazzato più avanti.

2 commenti:

  1. per quel che vale, concordo con tutto quello che hai scritto. Se il linguaggio diventa l'oggetto principale di attenzione in un seriale c'è qualcosa che non va.
    L'ultimo John Doe mi ricorda la She-Hulk di John Byrne.

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  2. ottimo esempio.
    Ricordo all'epoca che dopo il primo entusismo iniziò a irritarmi

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